ciclo produttivo della birra industriale
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La caratteristica principale in una birra industriale è la sua pastorizzazione.
La pastorizzazione è una cottura atta a sterilizzare la birra, che viene fatta previa una micro filtrazione per rimuovere i lieviti e le proteine, in questo modo si garantisce al prodotto una migliore conservazione per anni, anche in condizioni estreme (caldo e luce), senza che se ne alteri il gusto.
Questo ovviamente porta ad un appiattimento dei gusti caratteristica di ogni birra industriale.
La pastorizzazione
Dal nome di Louis Pasteur che inventò il metodo, la pastorizzazione consiste nel trattare la birra per bloccare l’attività dei microrganismi che vi si siano introdotti durante le fasi della produzione e, in tal modo, aumentare la conservabilità.
Al trattamento vengono sottoposte molte birre in bottiglia e praticamente tutte quelle in lattina o in fusti pressurizzati per il consumo nei locali pubblici.
Per la birra in bottiglie e in lattine la pastorizzazione avviene normalmente dopo il confezionamento, in modo da sterilizzare contenitore e contenuto. Il pastorizzatore è una specie di tunnel che, con pioggia di acqua calda, tiene per 20 minuti il prodotto a una temperatura di circa 60 °C e poi lo raffredda, sempre per 20 minuti, con spruzzi di acqua fredda.
Per la birra in bottiglie e in lattine la pastorizzazione avviene normalmente dopo il confezionamento, in modo da sterilizzare contenitore e contenuto. Il pastorizzatore è una specie di tunnel che, con pioggia di acqua calda, tiene per 20 minuti il prodotto a una temperatura di circa 60 °C e poi lo raffredda, sempre per 20 minuti, con spruzzi di acqua fredda.
Per i fusti invece, la relazione contenuto-superficie troppo grande non consente un riscaldamento sufficientemente omogeneo, quindi è necessaria la pastorizzazione prima del confezionamento.
In questo caso la birra viene riscaldata con un pastorizzatore a piastre per circa 30 secondi alla temperatura di oltre 70 °C. Chiaramente la pastorizzazione neutralizza anche il lievito, con inevitabili ripercussioni sul gusto e sul carattere del prodotto.
In genere alle birre pastorizzate si addiziona anidride carbonica, per ricreare un’apparenza di vitalità al momento del consumo e assicurare una bella schiuma nel bicchiere. D’obbligo, le birre che rifermentano in bottiglia non subiscono la pastorizzazione.
In genere alle birre pastorizzate si addiziona anidride carbonica, per ricreare un’apparenza di vitalità al momento del consumo e assicurare una bella schiuma nel bicchiere. D’obbligo, le birre che rifermentano in bottiglia non subiscono la pastorizzazione.
La sedimentazione
La birra filtrata cessa ovviamente di fermentare. Alcune birre tradizionali di alta fermentazione (weizen, bière blanche) hanno però bisogno di continuare a fermentare per la maturazione del gusto.
Pertanto non vengono filtrate, anzi addizionate con un po’ di mosto e una piccola dose di lievito.
Oppure, se avviene il filtraggio, si aggiunge una nuova dose di lievito e zuccheri. Sono, queste, le cosiddette “birre volutamente torbide” (cioè “con sedimento”).
Molte persone sono certe del fatto che la birra alla spina sia più buona rispetto al medesimo prodotto in bottiglia o in lattina.
Nel caso della birra industriale questo può dipendere dal fatto che le birre che vengono infustate subiscono un processo di pastorizzazione meno aggressivo dello stesso applicato sul liquido per bottiglie o lattine.
I motivi sono vari, quello che interessa a noi e che ci fa quindi propendere spesso per la scelta della spina è che essendo meno pastorizzata mantiene gusto e profumi.
Un motivo invece per cui una birra alla spina può avere una marcia in più dipende dalla tecnica del banconista che te l’ha spillata: una spillatura a regola d’arte ci permette di avere la birra con il giusto cappello di schiuma e senza tutta l’anidride carbonica inizialmente presente nel prodotto.
Meno anidride carbonica significa bevuta più piacevole, nessun gonfiore e forse anche la voglia di bere qualcosina in più.